sabato 29 dicembre 2007

SMART OPTICAL SENSORS OBSERVATORY: REGISTRAZIONE DI UN BOLIDE M-7


Con il miglioramento delle condizione meteo sul sito dove è allocato lo Smart Optical Sensors Observatory, sono riprese le registrazioni di eventi in atmosfera nel contesto dei test di prova della strumentazione.
Oltre a meteore, satelliti artificiali, sprites ed altro, come documentato su CIPH-SOSO - vedi per quanto riguarda meteore particolarmente luminose e bolidi - .
E' del 28 dicembre la registrazione di un bolide valutabile a magnitudine -7, lento, con scia e flare finale.

Il video è liberamente visionabile

mercoledì 26 dicembre 2007

ANCORA TLE SUL MEDITERRANEO NELLA SECONDA DECADE DI DICEMBRE

Mentre, sul Mediterraneo orientale, la campagna 2007-2008 in pieno svolgimento del progetto israeliano ILAN (che avevamo segnalato qui) ha registrato un nuovo sprite la sera del 19 dicembre u.s. da Tel Aviv (si veda l'immagine qui), anche sul Mediterraneo occidentale la stagione non sembra essere ancora terminata.

Alcuni temporali generati da un'area fredda in posizione utile hanno permesso alle stazioni francesi Eurosprite dei Pirenei e di Tolosa di riprendere diversi sprites, halos e elves nelle notti fra il 16-17 e fra il 17 e il 18 dicembre. Tra l'altro, alcuni sprites assai deboli, che presumibilmente sarebbero sfuggiti ai sistemi automatici in quanto al di sotto della soglia di rilevamento, sono invece stati ripresi perché la registrazione era stata attivata dal lampo del fulmine matrice. Un elenco di quanto osservato e diverse immagini sono reperibili sul blog di quel progetto (qui).

sabato 22 dicembre 2007

SUPER-AURORE A BASSE LATITUDINI NEL PASSATO DEL GIAPPONE

Pur risalente a tre anni fa, un articolo di tre studiosi giapponesi disponibile all'url:

http://www.terrapub.co.jp/journals/EPS/pdf/2004e/5612e041.pdf

presenta per noi notevole interesse.

Si tratta di "Understanding the 'SEKKI' phenomena in Japanese historical literatures based on the modern science of low-latitude aurora", uscito alle pp. e41-e44 del n. 56 del 2004 della rivista Earth Planets Science. Gli Autori sono Yoh Nakazawa, insegnante di scuola superiore, Toshimi Okada, della Facoltà d'Ingegneria dell'Università della Prefettura di Toyama e Kazuo Shiokawa, del Laboratorio per l'ambiente terrestre-solare dell'Università Nagoya.

Sebbene per il Giappone siano note numerose aurore spettacolari osservate alle latitudini più elevate, il fenomeno si è verificato in località poste assai più a sud sia in tempi recenti sia, con effetti vistosissimi, nel passato anche remoto.

A questo proposito, gli Autori hanno preso in considerazione le descrizioni letterarie disponibili meglio utilizzabili a fini analitici circa un fenomeno che in giapponese è denominato sekki, ossia "aria rossa". Sono stati valutati in modo particolare sedici episodi di sekki verificatisi fra il 1150 ed il 1859. In essi si verificarono manifestazioni luminose ionosferiche spettacolari a latitudini comprese fra 36.6° e 34.2° (per intendersi, sino ad un'altezza pari a quella della Tunisia centrale).

Dopo una valutazione delle caratteristiche fenomenologiche e delle relative estrapolazioni in termini di emissioni atomiche in funzione dei colori prevalenti e di effetti percepiti dai testimoni, lo studio si sofferma ancora di più su due eventi, ricchi d'insegnamenti in modo speciale, verificatisi nel 1204 e nel 1770.

La conclusione è che queste antiche descrizioni fatte da eruditi locali si riferiscono davvero a casi di eccezionali aurore visibili a latitudini insolite. Dunque, la prosecuzione odierna delle misurazioni di osservazioni analoghe sul territorio giapponese dovrebbe essere importantissima per lo studio di meccanismi magnetosferici specifici per queste occasioni.

Il fenomeno delle aurore a latitudini basse è naturalmente di particolare rilievo anche per un Paese come l'Italia, il cui territorio si estende in lunghezza verso sud fin quasi a 36.5° di latitudine. Purtroppo, finora nessun geofisico ha realizzato un catalogo delle aurore osservate da noi nel passato lontano o in quello recente.

mercoledì 19 dicembre 2007

MATTEO LEONE INTERVIENE SULLE TRIANGOLAZIONI EFFETTUATE AD HESSDALEN IL 7 AGOSTO 2002

Continua il dibattito tra gli studiosi coinvolti a vario titolo nella missione effettuata ad Hessdalen nell’agosto 2002 (Massimo Teodorani, Gloria Nobili, Matteo Leone, Marsha Adams ed altri).
Questa volta, con il saggio "On a Triangulation of an Alleged Hessdalen Light", pubblicato sul sito del CIPH-SOSO all’url:



è il ricercatore Matteo Leone a rispondere al lungo articolo della ricercatrice americana Marsha Adams "Characteristics of the August 7, 2002 recurring Hessdalen Light determined by video and triangulation" contenuto alle pp. 107-133 dei "Proceedings dell’International Project Hessdalen Workshop" pubblicati all’inizio dell’autunno scorso. Lo studio di Adams verte sulle caratteristiche della registrazione a suo tempo effettuata da Massimo Teodorani.
Adams aveva sostenuto che sia M. Leone sia M. Teodorani avevano ragione circa la natura dei fenomeni luminosi in discorso.

Secondo le sue analisi, infatti, si può supporre che i due abbiano osservato luci differenti: il primo, dei fari d’automobile; il secondo, un vero HP (fenomeno di Hessdalen), fotografato da M. Teodorani, che ne ricavò anche lo spettro.
M. Leone ribadisce ora che sia i dati video sia quelli ottici ottenuti il 6-7 agosto del 2002, sia quelli ricavati il 15 agosto 2002 mediante triangolazione confermano l’ipotesi che i fenomeni di quell’estate possono ricondursi a fari di automobili, sostenendo anzi che lo studio di M. Adams è stato assai utile per individuare la stradina di campagna su cui probabilmente transitavano i veicoli responsabili di quelle registrazioni.


Entrambi gli articoli mettono in risalto in modo indiretto i problemi metodologici nella raccolta di certi dati relativi ad eventi dalla vita assai breve come Fenomeni Luminosi Transitori in Atmosfera - FLTA - in particolare le difficoltà nel collaudare un metodo per la raccolta dei dati ottici (questione messa in luce anche da un articolo, pubblicato sul sito CIPH, del ricercatore Michele Moroni: "About the Hessdalen debate", 2003 ), la mancanza di una vera e propria triangolazione e la difficoltà di ottenere un dibattito "educato" secondo i canoni delle convenzioni scientifiche.
Quanto sopra ha forse contribuito a creare difficoltà supplementari e a non far intravedere una soluzione univoca per il complicato dibattito.

Ne risulta ancor più confermata l’esigenza di registrare certi eventi FLTA attraverso un insieme di strumenti operanti nelle più varie gamme dello spettro elettromagnetico per ottenere dati seriamente correlabili.
Il CIPH deve comunque ringraziare M. Adams ed M. Leone per aver ricondotto la discussione precedente (vedi: "CIPH Forum ICPH") nei giusti binari .

(Redazione: Renzo Cabassi, Nico Conti, Giuseppe Stilo)

lunedì 17 dicembre 2007

ANALISI DELL'OSSERVAZIONE DI UN PRESUNTO UAP (FENOMENO AEREO NON IDENTIFICATO) SULL'AEROPORTO O'HARE DI CHICAGO, 7 NOVEMBRE 2006

In un post del 16 novembre questo blog si era già occupato del NARCAP (National Aviation Reporting Center on Anomalous Phenomena), associazione americana il cui direttore di ricerca è lo psicologo Richard F. Haines.


Scopo del NARCAP è quello di raccogliere dati di alta qualità provenienti dal mondo aeronautico su osservazioni fatte da aeromobili in volo circa presunti Fenomeni aerei non identificati (UAP).

Al momento il NARCAP è - forse - la sola organizzazione privata che pone al centro della sua attività la messa a disposizione di dati ed informazioni su osservazioni UAP con standard qualitativi conformi alle aspettative di ricerca del CIPH.

Il più recente fra i "Technical Reports" del NARCAP è il n. 10 della serie. Esso riguarda l'osservazione ottica di un presunto UAP di forma rotonda, di colore grigio, dall'aspetto metallico e roteante su se stesso, fatta da parecchie persone fra cui tecnici aeronautici di varie compagnie aeree da punti diversi dell'aeroporto internazionale "O'Hare" di Chicago a partire dalle 16.15 del 7 novembre 2006. Secondo le stime del rapporto l'UAP si sarebbe trovato a non più di 650 m di quota.

Lo studio, coordinato da Richard Haines insieme a K. Etishof, D. Ledger, L. Lemke, S. Maranto, W. Puckett, T. Roe, M. Shough ed R. Uriarte, s'intitola Report of an Unidentified Aerial Phenomenon and its Safety Implications at O'Hare International Airport on November 7, 2006, è lungo 155 pagine, è datato 9 marzo 2007 ma è stato reso soltanto alla fine di luglio.

Potete scaricarlo a questo indirizzo:

http://www.narcap.org/reports/010/TR10_Case_18a.pdf

Le conclusioni del lavoro sono che un oggetto fisico in apparenza di consistenza solida si è librato su alcuni edifici aeroportuali per almeno dieci minuti senza che fosse rilevato dai radar delo scalo. E' questa mancata rilevazione radar dell'UAP in concomitanza ad avvistamenti ottici fatti da personale aeronautico e da altri testimoni che si trovavano in punti diversi dello scalo che lo fa considerare al NARCAP "una precisa minaccia potenziale per la sicurezza dei voli".

Il rapporto offre una serie di calcoli dai quali si deduce che l'UAP doveva presentare un'elevata densità energetica, al punto da "forare" le nubi sopra di esso quando le attraversò innalzandosi. Dato che la stima del diametro dell'UAP è di 6,8 m, la potenza che sarebbe stata necessaria per l'evaporazione delle particelle d'acqua di una colonna di nubi di 300 m in un secondo, assunta una velocità di spostamento dell'UAP di 300 m/s, è pari a circa 100 MW. Al confronto, il consumo energetico di un aereo di linea B-747 che voli a 0,9 Mach è di circa 60 MW.

In teoria uno degli apparati radar in funzione presso l'aeroporto (un ASR9 ORD-1) avrebbe dovuto rilevare l'UAP ma così non è stato. Sono peraltro note dal passato numerose testimonianze di piloti in volo circa una contemporanea rilevazione ottica di UAP senza che i radar dei loro aerei registrassero alcun target. Queste caratteristiche di mancata radarabilità e dunque di difficoltà nell'organizzare una risposta rapida ed efficace da parte del personale fanno concludere al NARCAP che osservazioni come questa dovrebbero indurre i vari organismi competenti a compiere un'inchiesta indipendente sulle capacità di rilevare una gamma di fenomeni elettromagnetici assai più ampia di quella che è possibile rilevare adesso.

sabato 15 dicembre 2007

MISCELLANEA - DICEMBRE 2007

Scoperta la fonte energetica delle aurore boreali: le "funi magnetiche"



Un gruppo di scienziati dell’Università della California di Los Angeles che ha come principal investigator Vassilis Angelopoulos, ritiene di aver scoperto la fonte energetica all’origine degli spettacolari colori che presentano le aurore boreali.

I risultati dello studio sono stati presentati l’11 dicembre 2007 nel corso del convegno della American Geophysical Union svoltosi a San Francisco.

Nuovi dati raccolti dalla Missione Themis della NASA (http://www.nasa.gov/mission_pages/themis/main/index.html), che ha il suo elemento più vistoso nel quintetto di satelliti THEMIS lanciati l’inverno scorso, mostrano che l’energia proviene da un peculiare flusso di particelle cariche provenienti dal Sole, che fluisce come una corrente attraverso le circonvoluzioni del campo magnetico che collega l’alta atmosfera terrestre al Sole, collegandole.

L'evento determinante è stato la sub-tempesta magnetica scatenatasi il 23 marzo scorso sul Canada e sull'Alaska. Le aurore conseguenti furono riprese da una rete di stazioni di supporto a terra mentre i THEMIS dall'alto registravano flussi di particelle e campi. L'altissima velocità di allargamento delle aurore (15 gradi di longitudine in meno di un minuto) e l''energia emessa in due ore - cinquecentomila miliardi di J - hanno sorpreso anche i ricercatori.
La fonte di questa energia sta nelle "funi magnetiche" che collegano direttamente l'alta atmosfera al Sole. Di esse i THEMIS hanno scoperto l'evidenza. Queste "funi" sarebbero strutturate appunto in un modo simile alle corde marinaresche.

Anche se gli scienziati già sospettavano l’esistenza di queste specie di “cicatrici” del campo magnetico che forniscono l’energia delle aurore, il fenomeno non era stato confermato fino al 20 maggio del 2007, quando i satelliti hanno realizzato la prima carta della struttura di una di esse a circa 65000 km dalla Terra, ossia nella magnetopausa.

[fonti: NASA Spacecraft Make New Discoveries about Northern Lights, 11 dicembre 2007, http://science.nasa.gov/headlines/y2007/11dec_themis.htm; Energy source of Northern Lights found, Associated Press, 11 dicembre 2007, http://news.yahoo.com/s/ap/20071211/ap_on_sc/northern_lights]







Continuano le registazioni di sprites: il turno di Israele


Nonostante l'autunno sia ormai avanzato continuano le registrazioni video di allarmi causati da sprites. Stavolta è il caso di Israele, dove i fenomeni sono stati rilevati il 4 ed il 5 dicembre a Gerusalemme ed il 9-10 dicembre a Tel Aviv ad opera delle strumentazioni del Progetto ILAN (Imaging of Lightning And Nocturnal flashes), nelle cui fila opera tra gli altri il prof. Colin Price, docente di geofisica e scienze planetarie all'Università di Tel Aviv.
Sono stati registrati sette sprites nel primo periodo e quattro nel secondo.

[fonte: ILAN, Imaging Of Lightning And Nocturnal flashes, Irael Sprites Campain Project, 11 dicembre 2007, http://geophysics.tau.ac.il/personal/ILAN/]

Questo post è stato realizzato con la stretta collaborazione di niconti.

lunedì 10 dicembre 2007

RADIOATTIVITA' NATURALE E IONOSFERA NELLO STUDIO DEI PRECURSORI SISMICI

Nel numero 20 del vol. 88 del 15 maggio 2007, pp. 217-218, la rivista EOS dell’American Geophysical Union ha pubblicato "Natural Radioactivity, Earthquakes and the Ionosphere", un articolo del geosisico russo Sergey Alexander Pulinets, che peraltro nel 2004 aveva già dato alle stampe per le edizioni Springer il volume "Ionospheric precursors of earthquakes" insieme a Kirill A. Boyarchuk.
L’Autore ricorda che la ionizzazione dell’aria prodotta dalla radioattività naturale del terreno soprattutto a causa del radon che emana dalla crosta terreste è la fonte principale per la presenza di ioni nello strato limite planetario (PBL).
Questi ioni sono responsabili della conducibilità dell’aria - in condizioni di tempo sereno - nelle correnti elettriche verticali del circuito elettrico globale (GEC).
Il GEC è un sistema di correnti elettriche stazionarie che si producono fra il suolo e la ionosfera, indotte dall'attività temporalesca globale.
Questa attività può essere considerata come un generatore elettrico della differenza di potenziale tra suolo e ionosfera (200-600 kV) in cui la corrente di ritorno verso il basso chiude il circuito nelle zone di tempo sereno.
Il limite superiore di altezza di questo circuito è di 60 km.
Più in alto, infatti, sono i raggi cosmici e la radiazione solare a contribuire alla ionizzazione dell'aria.
I processi che si verificano nello strato limite planetario sono di grande rilievo per l’elettrodinamica atmosfera-ionosfera perché più del 70% della resistenza della colonna d’aria dell’atmosfera dipende proprio dal PBL.
E' risaputo che l’inquinamento atmosferico ed ulteriori alte concentrazioni di aerosol (tempeste di polvere, eruzioni vulcaniche, nebbia, ecc.) possono aumentare la resistenza elettrica della colonna d’aria sino a parecchie volte.
Un tentativo di misurare gli effetti di questi eventi nella ionosfera era già stato descritto da S.A. Pulinets & Altri nel 2000.
Le aree sismiche attive erano state considerate come una delle possibili fonti di certe variazioni ionosferiche anomale e l’emissione di radon ne era stata identificata come la fonte principale.
In questo articolo S.A. Pulinets intende dimostrare come le irregolarità locali di grande portata nella conducibilità dell'aria prodotta dalla radioattività naturale possono produrre nella ionosfera irregolarità attraverso accoppiamento, nel più vasto quadro del modello GEC.
L'Autore fa notare come ormai siano centinaia le pubblicazioni che fanno riferimento all’aumento della concentrazione di radon in vicinanza di faglie tettoniche attive già alcune settimane prima di forti eventi sismici.
La ionizzazione dello strato atmosferico più vicino al suolo, prodotta dal radon, ha due conseguenze principali: 1) dopo una serie di reazioni chimiche gli ioni che si sono formati diventano il centro di condensazioni d’acqua; 2) a causa della presenza di così tanti centri di condensazione, il potenziale chimico dei grappoli di ioni formatisi si modifica. Conseguenza dei due effetti è che le anomalie termiche possono essere utilizzate quali indicatori dell’accresciuta emanazione di radon.
Grazie ai dati satellitari, secondo l’Autore, è chiaro perché non si sia riusciti ad utilizzare come precursori sismici le misurazioni del radon al suolo.
Il monitoraggio satellitare mostra le migrazioni spazio-temporali delle variazioni del radon.
La sua presenza non è legata per forza all’epicentro di un terremoto.
Per mezzo dei satelliti, invece, è possibile osservare anomalie in un’area assai più vasta, ossia nella cosiddetta area di preparazione del terremoto, che per i terremoti di magnitudo maggiore si estende per diverse centinaia di migliaia di km2.

Soprattutto si deve sottolineare che nei più recenti terremoti di grande intensità sono state registrate anomalie termiche prima delle scosse sismiche, a prova che la variazione del radon è davvero un precursore.
Il potenziale della ionosfera cresce sopra l’area di preparazione del terremoto e crea una differenza di potenziale orizzontale, mentre una zona ionosferica non disturbata si presenta al di fuori dell’area modificata.
Queste anomalie termiche hanno dimensioni di grande rilevanza e non possono essere confuse con altre dovute a cause differenti.
Un esempio di questo fenomeno, il cui meccanismo geofisico S.A. Pulinets dettaglia, è stato osservato, ad esempio, nel grande terremoto di Sumatra del 26 dicembre 2004.
Due giorni prima della scossa principale si sono notate anomalie registrate dalla rete di ricevitori GPS della zona.
Inoltre gli strumenti del satellite francese DEMETER hanno registrato i dati della distribuzione spaziale della concentrazione di ioni sei giorni prima dell'ulteriore terremoto di Sumatra del 28 marzo 2005.
I grafici presentati nell’articolo di S.A. Pulinets mostrano un aumento pronunciato dell'anomalia equatoriale ad est dell’epicentro del terremoto, con la cresta a sud dell’anomalia più pronunciata.
Le rilevazioni trasposte sotto forma di grafico mostrano bene le bolle di plasma nella cresta, ad ulteriore indicazione dell’anomalia equatoriale.
Al variare delle strutture geologiche varia anche la concentrazione locale del radon.
A volte la modificazione della concentrazione del radon non sarà sufficiente a creare modificazioni rilevanti e su vasta scala nella ionosfera.
Semmai, si osserveranno "scintillazioni" della resistenza della colonna d’aria e corrispondenti variazioni regionali si noteranno nella ionosfera.
Studi sulle correlazioni tra le registrazioni GPS hanno portato S.A. Pulinets a descrivere nel 2006 il fenomeno della crescita del coefficiente di correlazione della variabilità delle condizioni ionosferiche durante i periodi di disturbi magnetici intensi.
Però prima dei sismi il coefficiente di correlazione cala di colpo per un diametro di circa 700 km intorno agli epicentri.
Da qui la formulazione di uno speciale indice di variabilità ionosferica che dovrebbe essere sensibile alle variazioni pre-sismiche ma non a quelle causate dalle tempeste magnetiche.
S.A. Pulinets conclude che le tecnologie satellitari, la mappatura della ionosfera con l’uso di satelliti che impiegano topside sounder per la misurazione delle concentrazioni di ioni guardando "da sopra", i GPS per il contenuto totale di elettroni (TEC) e l’adozione di sensori remoti per le anomalie termiche hanno permesso di chiarire le caratteristiche morfologiche e statistiche dei precursori ionosferici.
Sempre più scienziati sono coinvolti in questi studi e paesi come la Cina, la Francia, l’Italia, il Messico, la Russia, l’Ucraina e gli Stati Uniti stanno lanciando satelliti destinati alla ricerca dei precursori sismici ionosferici.
L'Autore non esclude che presto queste tecniche di predizione dei terremoti possano diventare altrettanto diffuse degli attuali sismografi.

Pulinets, Sergey Alexander, "Natural Radioactivity, Earthquakes, and the Ionosphere", EOS, Transactions American Geophysical Union, n. 20, col. 88, 15 maggio 2007, pp. 217-218 (disponibile in: http://www.agu.org/pubs/crossref/2007/2007EO200001.shtml).

sabato 8 dicembre 2007

EMISSIONI VLF NEI TLE (TRANSIENT LUMINOUS EVENTS): UNA TESI DI DOTTORATO

Sul sito del Dipartimento di Fisica della Facoltà di astrofisica e fisica spaziale dell'Università di Creta - Heraklion, all'url:

http://cal-crete.physics.uoc.gr/VLF-sprites/files/Mika-thesis-2007.pdf

è disponibile il testo completo di una tesi di dottorato del maggio 2007, opera di Agnes Mika. Si tratta di Very Low Frequency EM Wave Studies of Transient Luminous Events in the Lower Ionosphere, lavoro di ben 241 pagine.

Dopo aver analizzato le difficoltà generali per la ricerca sui TLE, in primis la loro natura non lineare e la vita assai breve (un massimo registrato di 250 ms), Mika nota che alcune domande importanti su di essi rimangono ancora senza risposta.

Lo studio dell'Autrice è volto ad apportare nuove conoscenze sulla fisica dei TLE ed in modo speciale su ciò che concerne i processi di accoppiamento elettrico fra la troposfera - dove si manifestano i fulmini - e l'alta atmosfera, dove appaiono i TLE.

Il lavoro di Mika è consistito soprattutto nell'analisi dei segnali EM emessi dalle più potenti stazioni trasmittenti nella gamma VLF (3-30 kHz) sparse nel mondo. Le registrazioni ad alta risoluzione ottenute dai ricevitori più avanzati, posizionati a Creta ed in Francia, contemporanee all'analisi dell'attività ceraunica e di quella TLE, hanno permesso di studiare gli effetti dei campi elettrici indotti dai fulmini sulla bassa ionosfera, cosa che ovviamente ha conseguenze sulla propagazione VLF.

Ecco alcuni degli esiti:

1) è stata stabilita l'esistenza di un rapporto diretto tra sprites ed eventi VLF precoci. Ciò ha fornito l'evidenza necessaria per provare un incremento della densità elettronica dello strato D della ionosfera durante gli sprites, a conferma delle previsioni teoriche circa la presenza di scariche disruptive nell'aria indotte dai fulmini ed anche della ionizzazione dell'alta atmosfera;

2) altre rilevazioni circa il legame tra sprites e le scariche positive nube-suolo che ne sono causa hanno fatto scoprire che c'è un 30% di sprites che si manifestano con un ritardo particolarmente lungo (fra i 30 ed i 220 ms) rispetto alla scarica. Ciò suggerisce che correnti continue di lunga durata giochino un ruolo chiave nell'accumulo di forti campi quasi-elettrostatici (QE) nell'alta atmosfera e nella bassa ionosfera, campi che poi causeranno gli sprites.

Un'altra parte dello studio di Mika è stato dedicato al ruolo che i fulmini nube-nube possono avere nel processo generativo dei TLE.

In questo caso sono state effettuate registrazioni VLF ad ampio spettro accompagnate dalla detezione di dati sulle scariche infranuvole. Le previsioni sono state confermate. Le scariche di questo genere influenzerebbero la redistribuzione delle cariche modulando così intensità e durata dei campi mesosferici QE che producono gli sprites. Addirittura, le scariche infranuvole sarebbero decisive nel dare forme speciali agli sprites, "a carota" oppure "a colonna". Secondo Mika è probabile che queste scariche facciano sì che i campi QE dell'alta atmosfera eccedano la soglia necessaria per le scariche disruptive per durata e dimensioni spaziali maggiori nel caso degli sprites "a carota" rispetto a quelli "a colonna".

L'acquisizione di maggior rilievo è però rappresentata dal fatto che lo studio delle perturbazioni VLF precoci connesse agli sprites ha portato alla scoperta di una nuova categoria fenomenica di eventi VLF, per i quali è stato proposto il nome "precoci/lenti", caratterizzati da un periodo di insorgenza assai lungo (fino a 2,5 s circa), contrapposti agli eventi "precoci/rapidi" che raggiunono la massima intensità in meno di 50 ms.

Il meccanismo proposto per rendere conto di questa lentezza postula un processo di accumulo graduale di ionizzazione secondaria causato dagli effetti sugli elettroni degli impulsi elettromagnetici (EMP) prodotti dagli sprites irradiati verso l'alto dai canali dei fulmini infranuvole. L'ipotesi appare sostenuta dall'identificazione di attività VLF sferiche di tipo esplosivo legate alle scariche infranuvole che si verificano nei temporali apportatori di sprites. Queste attività sono concomitanti alla fase di crescita degli eventi precoci/lenti.

Inoltre, un esame delle osservazioni di elves fatte sia da terra sia da satelliti, insieme a registrazioni VLF simultanee, ha portato alla scoperta di perturbazioni VLF precoci legate agli elves. Si tratta di un'evidenza attesa da tempo a favore del prodursi di una ionizzazione nella parte superiore della regione D causata dagli EMP indotti dai fulmini che generano pure gli elves. Essa giunge a sostegno di teorie e simulazioni già esistenti.

Infine, Mika ha migliorato un modello numerico esistente in modo da simulare l'effetto scattering VLF a partire da un gruppo di strutture plasmatiche verticali corrispondenti al corpo degli sprites.
Alcuni test indicano che questo modello dovrebbe essere estensibile con facilità in modo da simulare delle perturbazioni VLF precoci captate da uno o più ricevitori.

giovedì 6 dicembre 2007

FULMINI GLOBULARI: SVILUPPI RECENTI IN LETTERATURA

Dal 1988, anno in cui si tenne il primo ISBL (International Symposium on Ball Lightning), giunto ora in vista della decima edizione, la letteratura scientifica sui fulmini globulari ha visto una crescita esponenziale sia per numero delle pubblicazioni, sia per complessità dei modelli e per le potenziali conseguenze sulla ricerca riguardo vari generi di Fenomeni Luminosi Transitori in Atmosfera.

I russi sono sempre stati all'avanguardia nella fisica dei plasmi ed anche negli ultimi anni la loro presenza è rimasta determinante. Ai BL gli slavi hanno aggiunto numerosi interventi sui long-living plasmas (LLP).

Un controllo sui saggi recenti presenti in rete permette ora a secondo dei casi di scaricare i documenti full text o almeno gli abstract relativi a ventitré pubblicazioni apparse fra il settembre 2004 ed il settembre 2007.

Cominciamo con Physics World del maggio 2007, in cui Edward Cartlidge, news editor della rivista, alle pp. 35-38 con l'articolo "Seeking to solve the mystery of ball lightning" fa il punto sui più recenti tentativi di riprodurre e modellare il fenomeno in laboratorio, a cominciare dagli studi condotti dal fisico tedesco Gerd Fussmann e colleghi all'Istituto per la fisica del plasma di Monaco di Baviera ed alla Università Humboldt di Berlino. Si tratta di un modello basato sul plasma, cui Cartlidge affianca quello della rete di nanoparticelle che negli ultimi anni sta cercando di generalizzare il fisico russo Vladimir Bychkov. Allo stesso gruppo di studi appartengono le ricerche del chimico neozelandese John Abrahamson ed i tentativi, forse dall'esito più fortunato, di Eli Jerby e Vladimir Dikhtyar, che lavorano all'Università di Tel Aviv o quelli di altri studiosi brasiliani.

Uno dei problemi principali di questi modelli rimane la spiegazione di alcune delle proprietà fisiche più sconcertanti dei BL, quali la capacità, osservata in più occasioni, di attraversare i vetri o quella di muoversi controvento. Per far fronte a queste difficoltà si sono mossi - usando dei modelli che in sostanza si richiamano ad un'interpretazione elettrica del fenomeno - ricercatori come John Lowke, della Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization di Sydney e Peter Handel dell'Università del Missouri, che ha elaborato la teoria del maser-solitone, fondata sugli effetti prodotti dalle onde stazionarie che si generano nelle emissioni di microonde che accompagnano i fulmini lineari. E' in quest'ottica che opera anche il giapponese Yoshi-Hiko Ohtsuki, della Waseda University, che peraltro si occupa molto di EQL e di precursori sismici.

Trovate l'articolo di Cartlidge all'url:

http://plasma.physik.hu-berlin.de/sonstiges/PWMay07ball-lightning

In relazione al lavoro del tedesco Gerd Fussmann e colleghi sopra accennato si può consultare ad esempio:

Versteegh, A., & Behringer K., & Fantz U., & Fussmann, G., & Juettner, B., & Noack, S., "Long-Living Plasmoids from a Water Discharge at Amospheric Pressure", in "Institut für Physik der Humboldt-Universität zu Berlin-Lehrstuhl für Experimentelle Plasma Physik Publikationen, PSST Paper", che porta la data del 30 settembre 2007. Lo trovate all'url:

http://plasma.physik.hu-berlin.de/publications/psst_paper_20070930.pdf

Gli studi di laboratorio condotti grazie ad una batteria di condensatori scaricata attraverso una superficie d'acqua hanno portato alla formazione di plasmoidi sferoidali dal diametro sino a 0,2 m e con vita media di alcune centinaia di millisecondi. I plasmoidi sono stati studiati con videocamere ad alta velocità, sonde elettriche, calorimetri e spettroscopi, risultando essere dei veri plasmi circondati da un involucro freddo. Nell'articolo sono descritti i metodi usati per stimare densità elettronica, temperatura elettronica e delle particelle neutre. La fonte principale di radiazione visibile è stata rilevata in emissioni nella banda della molecola dell'idrossido di calcio. Come fonte di tale emissione gli studiosi propongono una reazione di chemioluminescenza tra i prodotti di dissociazione dell'acqua ed il calcio dissolto.

Quanto alla "pellicola" fredda del plasmoide essa consiste di un doppio strato elettrico che potrebbe attribuirsi alla forma caratteristica "a palla" (che però non è una costante nella manifestazioni fenomeniche dei BL).

Vladimir K. Ignatovich, che lavora presso il Laboratorio di fisica dei neutroni dell'Istituto per la ricerca nucleare di Dubna, in Russia, il 27 gennaio 2006 ha pubblicato su Physics "A model of the ball lightning", che si può leggere qui:

http://arxiv.org/PS_cache/physics/pdf/%200601/0601127v2.pdf

L'Autore suppone che i BL siano l'onda d'urto di un'esplosione puntuale "congelata" dalle forze di elettrostrizione della forte scarica laser interna. Sono presenti anche dei calcoli sulla vita media dei BL fatti sulla base di una serie di parametri.

I fisici rumeni S. Mohorianu e P. Agop invece hanno fatto uscire nel Romanian Journal of Physics, vol. 52, n. 1-2 del 2007, pp. 131-136, lo studio di fisica matematica "Ball lighting as a self-organizing process of a Plasma-Plasma interface. A theoretical approach", che si trova all'url

http://www.nipne.ro/rjp/2007_52_1-2/0131_0137.pdf

I due lavorano nell'ambito di un'estensione del principio della relatività detto teoria della relatività di scala (su cui si può consultare ad esempio: http://luth.obspm.fr/~luthier/nottale/arIJMP2.pdf). Muovendosi nel quadro di un processo fisico auto-organizzativo suggerito da ricerche di laboratorio circa la formazione e le condizioni di stabilità delle configurazioni della carica spaziale macroscopica, gli Autori ritengono di poter desumere alcune proprietà dei BL: regimi d'oscillazione, isteresi, distribuzione del potenziale elettrico, campo e carica.

Passiamo adesso alla grande massa di contributi che continua a giungere da scienziati russi. Gli abstract di un primo gruppo contenuto nel fascicolo "Abstracts of the 12th Russian Conference on Cold Nuclei Transmutation ofChemical Elements and Ball Lightning (RCCNT&BL12)" tenutosi a Dagomys, presso Sochi, sul mar Nero, dal 16 al 19 settembre 2004, si trova all'url:

http://www.newenergytimes.com/%20Conf/RCCNTBL-12/RCCNTBL-12Abstracts.pdf

I. S. Aref'eva, della MNEPU, Università di scienze ambientali e sociali di Mosca, ha presentato una relazione intitolata "To the question on correctness of ball lightning observation conditions - Psychological aspects", in cui ha sottolineato che i fattori umani dell'osservazione casuale sono da considerarsi della massima importanza se si vogliono ottenere dati utili per la ricerca.

Vladimir L. Bychkov, con "Unipolar ball lightning" si era soffermato su uno dei suoi cavalli di battaglia, cioè quella secondo la quale i BL sarebbero una mescola di materiali diversi fortemente caricati dal punto di vista elettrico. A determinare i movimenti dei BL sarebbero i campi elettrici legati all'atmosfera e le cariche unipolari presenti durante le attività di fulminazione lineare.

Vladimir Bychkov, insieme a D. V. Bychkov ed a Yuri B. Sedov ha presentato anche "Some ball lightning observations", in cui si discutono i parametri da raccogliere con particolare cura nelle osservazioni di BL in modo da poterne discutere le proprietà.

V. S. Shcherback, in "Difficultly explained properties of ball lightning" si è soffermato sul modello del solitone per spiegare certe caratteristiche imbarazzanti dei BL come quella di manifestarsi entro locali completamente chiusi. Il problema posto è quello dell'alta densità di energia EM necessaria. Per ovviare l'Autore suggerisce che i BL siano in sostanza dei campi magnetici rotanti a velocità relativistiche.

I. G. Stakhanova, che lavora presso l'Istituto di geomagnetismo, per la ionosfera e la propagazione delle radioonde dell'Accademia delle scienze ha discusso su "Observed characteristics of the ball lightning" sia presentando una serie di dati circa parametri osservabili dai testimoni, sia soffermandosi sui fattori che possono influire sulle proprietà visibili ad occhio nudo.
Ancora Stakhanova, in "Electric manifestations of the ball lightning" esamina una base di dati di osservazioni di BL per ricostruirne le caratteristiche elettriche qualitative e quantitative.

A. Klimov, D. Baranov, D. Gavritenkov, B. Tolkunov ed N. Vystankin, tutti dell'Istituto delle alte temperature dell'Accademia delle scienze russa, in "Studies of vortex plasmoid physical properties" dedicano il loro studio alla chimica ed alla calorimetria dei plasmi costituiti dai BL, presentando anche degli esperimenti in cui vortici plasmoidali hanno rilasciato un'energia supplementare fino al 1800%.

A. I. Nikitin A. I., e T. F. Nikitina, dell'Istituto per i problemi dell'energia dell'Accademia delle scienze, in "New investigations of ball lightning" hanno discusso lo stato dell'arte della ricerca come emergeva dall'ISBL04.

A. I. Schedrin, dell'Istituto di Fisica ingegneristica di Mosca, in "Relativistic model of ball lightning" sostiene invece che il tradizionale modello del BL come plasma autoconfinato deve considerarsi ancora degno d'atttenzione. Egli tenta di spiegare il fenomeno usando sia la meccanica classica, sia l'elettrodinamica sia la relatività ristretta. Se questo modello si adeguasse alle caratteristiche reali dei BL, sostiene Shedrin, allora si potrebbero aprire grazie ad esso alcune applicazioni pratiche di tipo ingegneristico.

Per ultimi, A. N. Vlasov e D. A. Vlasov, con "Researching of energy transfer profiles from a linear lightning to ball lightning on model of induction discharge" forniscono un complesso modello di scarica toroidale da induzione monopulsata resa stabile da un vortice ad anello di gas. Gli Autori hanno condotto esperimenti di laboratorio ed hanno elaborato delle simulazioni al computer per mostrare come può avvenire il trasferimento di energia EM ai BL a partire da un fulmine lineare, sulla base del presupposto che la conducibilità dei plasmi che formano i BL sia grande a sufficienza.

La seconda tranche di articoli russi è assai recente. E' possibile accedere agli abstract cliccando su:

http://www.iscmns.org/iccf13/ICCF13_Abstracts

dove troverete il "13th International Conference on Condensed Matter Nuclear Science. Program& Abstracts", tenutosi a Sochi dal 25 giugno al 1° luglio 2007. Ecco una sintesi estrema delle comunicazioni d'interesse.

G. D. Shabanov, A. Krivshich, B. Yu. Sokolovsky ed O. M. Zherebetsov, in "The nature of Ball Lighting" hanno parlato della natura elettricamente negativa dei BL sviluppati in laboratorio - natura a loro avviso analoga a quella dei BL naturali - e dei meccanismi di formazione di essa a partire dalla scarica guida dei fulmini lineari.

D. V. Bychkov e V. L. Bychkov, con "Ball lightning observation properties (modern analysis)" hanno analizzato una raccolta di dati osservativi durata vent'anni per rivalutare parametri quali temperatura superficiale ed energia dei BL. Essi possono essere sia "tiepidi" sia caldi. E' esaminata alla luce di queste considerazioni anche l'osservazione di una serie di sfere luminose intorno al pantografo di un tram. Le proprietà più rare descritte nei BL per gli Autori richiedono comunque un'ulteriore raccolta dati.

Ancora V. L. Bychkov con "Unipolar ball lightning theory" ha parlato degli ultimi sviluppi del suo modello dei degli "oggetti luminosi a vita lunga" come corpi di forma sferica a carica unipolare immersi nel campo elettrico atmosferico. Sarebbe l'interazione fra l'elettricità temporalesca e vari generi di materiali oganici ed inorganici a fornire l'innesco per lo sviluppo delle cariche unipolari. Bychkov sta ora tentando di estendere il suo modello a vari tipi di cause geofisiche o dovute alla presenza di circuiti elettrici di costruzione artificiale.

Sempre i due Bychkov in "Modern realization of laboratory ball lightnings (modern analysis)" hanno riesaminato i vari tentativi di replicare i BL in laboratorio discutendo gli esperimenti fatti con scariche e getti gassosi, con scariche a vortice, con strutture polimeriche, con vari combustibili, ecc.

V. L. Bychkov, V. A. Kravitsky e V. V. Nizovtsev hanno presentato poi "Classical approaches to anomalous and geophysical phenomena" in relazione ai possibili legami fra BL, fenomeni simili ai BL e dinamiche geofisiche.

V. A. Biturin, V. Y. Velikodny, I. A. Samoulis, E. B. Kolesnikov e V. V. Popov, dell'Istituto di meccanica applicata dell'Accademia delle scienze con "Researches of interaction of Long-Living Plasma formations with supersonic stream and barrier" hanno discusso dei loro interessanti esperimenti per indagare le interazioni tra oggetti di plasma a vita lunga e flussi supersonici, ad esempio quelli formati da aria atmosferica e microgocce di elettroliti, che hanno condotto alla formazione di corpi sferici ed "a grani di rosario" che si sono staccati dalla scarica principale.

G. P. Schelnukov ed O. M. Olikhov nella comunicazione "Globe lightning modeling and applications" hanno discusso loro possibili, futuri esperimenti di laboratorio.

Da ultimi, A. I. Nikitin, A. M. Velichko e T. F. Nikitina, con "The possibilities for the formations of the ordered plasma structures in nature" hanno proposto un modello del BL come struttura eterogenea formata da un nucleo fortemente energetico contornato da un dielettrico esterno, con radiazione associata ad un'emissione di sincrotrone di elettroni relativistici.

Infine, un intervento di un Autore eterodosso. Si tratta di Edward H. Lewis, il cui sito Internet

http://cust38.metawerx.com.au/

contiene numerosi esempi di lavori su questioni controverse e che difficilmente troverebbero spazio in pubblicazioni mainstream. Si va dalla fusione fredda a teorie macroeconomiche. Tuttavia, il lavoro che si presenta, "Microscopic Ball Lightning" è stato accettato nei "Proceedings of the Ninth International Symposium on Ball Lighting, ISBL-06". Il simposio si è tenuto ad Eindhoven, in Olanda, dal 16 al 19 agosto 2006. E' soprattutto per questo che lo indichiamo con meno preoccupazioni.

Lewis si concentra sulla produzione di BL con diametro inferiore a 0,1 mm. Essi sono stati osservati in esperimenti di laboratorio sulle scariche elettriche e sull'elettrolisi. I micro-BL condividerebbero con le loro controparti naturali alcune curiose proprietà in parte già accennate, come quella di produrre fori nei materiali ed anche quelle della trasmutazione nucleare. Essi si raggrupperebbero, come i BL naturali, in catene e in anelli ponendo gli atomi in uno stato peculiare in cui fluttuerebbero, si muoverebbero e si organizzerebbero disperdendo nell'ambiente circostante quantità bassissime di energia termica. Lewis presenta diverse immagini di BL microscopici con lo scopo di descriverne il comportamento.

Trovate questo articolo all'url:

http://www.intenex.net/~elewis/lewispaper/%20lewis2006mbled3.pdf

giovedì 29 novembre 2007

FISICA DELLE SCARICHE ELETTRICHE NEI GAS ATMOSFERICI: UN'INTRODUZIONE

Tre geofisici - Rudolf A. Treumann, dell'Università di Monaco di Baviera, Zbigniew Klos, dell'Accademia delle Scienze polacca e Michel Parrot, del Laboratorio di fisica e chimica ambientale del CNRS francese ad Orleans - hanno da poco pubblicato un'utile rassegna introduttiva sulla fisica delle scariche elettriche nei gas atmosferici.

Si tratta di "Physics of Atmospheric Discharges in Gases: An Informal Introduction", apparsa su Physics l'11 novembre 2007.
E' recuperabile all'url:
La parte principale del saggio verte sui parametri principali che influiscono sulle scariche atmosferiche violente, ossia la frequenza di collisione, il percorso medio libero e la forza critica del campo elettrico.

Il trasporto delle scariche elettriche in atmosfera è dovuto unicamente agli elettroni. Sopra il limite inferiore della mesosfera gli elettroni debbono considerarsi come magnetizzati e la conducibilità diventa un tensore. Inoltre, nell'alta atmosfera il percorso medio libero delle collisioni diviene relativamente grande e ciò abbassa il campo elettrico critico presente in quella zona, permettendo più facilmente le scariche rispetto alle quote inferiori.

Gli Autori discutono infine in modo dettagliato il ruolo delle scariche come fonti di emissioni d'onda.

La ricerca sulla fisica delle scariche elettriche nei gas atmosferici ha riacquistato particolare importanza dal momento della scoperta dei TLE (blue jets, elves, sprites, ecc.) ed assume un ruolo del tutto peculiare nello studio dei cosiddetti LLP (long-living plasmas), da altri scienziati definiti oggetti di plasma a vita lunga.

martedì 27 novembre 2007

BOLIDI: EVENTI REGISTRATI DAL SISTEMA SMART OPTICAL SENSORS OBSERVATORY NEGLI ULTIMI 5 MESI

Sul sito web del CIPH-SOSO viene dedicata una pagina alle migliori registrazioni di meteore particolarmente splendenti e bolidi.
Alcuni visitatori hanno riscontrato problemi di visualizzazione. Per migliorare la nostra presentazione, per cortesia inviare comunicazione a TEAM CIPH-SOSO specificando il tipo di errore riscontrato e browser usato.

EQL E PRECURSORI SISMICI: F. FREUND SUL MODELLO DEI “P-HOLES”

Il 24 novembre 2007 un post su questo blog aveva presentato alcuni sviluppi del dibattito sul cosiddetto modello dei p-holes, che il geofisico Friedemann T. Freund ha offerto per spiegare i precursori sismici ed altri fenomeni legati ai terremoti tra i quali le luci sismiche (EQL), oltre a vari fenomeni di ionizzazione dell’aria vicina al suolo.

Quest’autunno Freund ha pubblicato un nuovo lavoro, uscito in due parti sulla rivista Natural Hazards and Earth System Sciences.

Si tratta di ”Pre-earthquake signals Part I: Deviatoric stresses turn rocks into a source of electric currents”, apparso sul numero del 13 settembre 2007 del vol. 7, alle pp. 535-541 e di “Pre-earthquake signals Part II: Flow of battery currents in the crust”, pubblicato nella stessa edizione della rivista ma alle pp. 543-548.

Potete recuperare le due parti agli url qui di seguito:

http://www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/7/535/2007/nhess-7-535-2007.pdf

http://www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/7/543/2007/nhess-7-543-2007.pdf

Negli interventi Freund spiega che fino a poco tempo fa una delle maggiori difficoltà nell’accettazione da parte della comunità scientifica dell’esistenza di precursori sismici identificabili ed almeno potenzialmente utilizzabili a fini previsionali era costituita dalla scarsa comprensione dei processi fisici sottostanti.

Ad avviso dell’Autore per cambiare prospettiva è stata fondamentale la scoperta che quando le rocce ignee o ad alto grado di metamorfismo sono sottoposte a sollecitazione differenziale si attivano i portatori dormienti di cariche elettroniche, in concreto rappresentati da elettroni o da elettroni in difetto.

L’attivazione aumenta la densità dei portatori di carica mobili presenti nelle rocce e di conseguenza la loro conducibilità elettrica. Gli elettroni in difetto sono associati al subreticolo degli anioni dell’ossigeno e sono detti “lacune positive” (positive holes) o, in breve, p-holes.
Il limite geologico tra rocce sollecitate e non sollecitate agisce come una barriera di potenziale che permette il passaggio dei p-holes ma impedisce quello degli elettroni. In questo modo, come avviene per gli ioni e gli elettroni in una batteria elettrochimica, gli elettroni attivati dalle sollecitazioni ed i p-holes presenti in queste “batterie a pietra” sono costretti a scorrere in direzioni diverse. Quando il circuito è chiuso, la corrente della batteria scorre.

Per Freund la scoperta delle correnti attivate nelle rocce crostali da queste sollecitazioni differenziali ha conseguenze importantissime per la ricerca sui segnali pre-sismici e per la modellazione di fenomeni luminosi in atmosfera quali le EQL.

Il geofisico descrive due situazioni diverse:

1) i p-holes si diffondono da un volume di rocce sollecitate a delle rocce circostanti non sollecitate. Ciò dovrebbe condurre ad avere cariche positive in superficie, disseminate in una zona assai vasta intorno al futuro epicentro sismico, a perturbazioni ionosferiche, alla stimolazione di emissioni IR dal suolo, ad una ionizzazione dell’aria vicina al suolo e dunque a fenomeni luminosi di vario aspetto, alla formazione delle cosiddette nubi sismiche e a vari altri fenomeni descritti come precursori dei terremoti;
2) p-holes ed elettroni fluiscono da un volume di rocce sollecitate secondo percorsi diversi, in senso obliquo negli strati superiori della crosta relativamente freddi e verso il basso negli strati inferiori della crosta, più caldi.

Secondo Freund si tratta di una situazione che si verifica negli strati più avanzati del processo di generazione sismico, ed essa è necessaria perché il circuito di questa grande batteria naturale si chiuda e perché le correnti elettriche transitorie possano fluire. Se queste correnti si manifestano “a raffica”, esse conducono all’emissione di radiazioni EM a bassa frequenza.

In conclusione, per Freund comprendere i modi in cui i portatori di cariche elettroniche presenti nelle rocce sono attivati dalle sollecitazioni e dei modi in cui fluiscono e si diffondono potrebbe rivelarsi la chiave per decifrare una vasta gamma di segnali pre-sismici.

sabato 24 novembre 2007

ANOMALIE NELL'EMISSIONE DEL RADON E FENOMENI EM PRE-SISMICI: UNO STUDIO GIAPPONESE

L’osservazione di emissioni anomale di radon è stata rilevata ormai in moltissime occasioni prima di sismi di forte intensità. Essa è stata collegata da un certo numero di scienziati ai fenomeni EM che precedono i sismi, ad esempio alle intense fluttuazioni del campo elettrico atmosferico e ad alcuni disturbi ionosferici. Sono ormai trent’anni che se ne discute il potenziale come precursore sismico.

Al riguardo un gruppo di sette scienziati giapponesi capeggiati da Y. Omori, del Dipartimento di Scienze geoambientali della Tohoku University di Sendai (gli altri sei Autori, ossia Y. Yasuoka, H. Nagahama, Y. Kawada, T. Ishikawa, S. Tokonami ed M. Shinogi provengono da altre istituzioni universitarie o dall’Istituto nazionale di scienze radiologiche di Chiba) ha pubblicato il mese scorso un saggio di notevole importanza nella rivista Natural Hazards and Earth System Sciences e più esattamente alle pp. 629-635 del n. 5 del vol. 7 dell’anno 2007.

Si tratta di “Anomalous radon emanation linked to preseismic electromagnetic phenomena”. Potete scaricarlo all’url:

http://www.nat-hazards-earth-syst-sci.net/7/629/2007/nhess-7-629-2007.pdf

In questo lavoro gli Autori analizzano la concentrazione del radon atmosferico e stimano i cambiamenti che le condizioni elettriche dell’atmosfera subiscono quando si verificano anomalie nella concentrazione del radon in situazioni pre-sismiche.

Gli scienziati sostengono che l’incremento del radon obbedisce ai processi evolutivi dei danni crostali, seguendo una crescita esponenziale che prosegue sino al momento del terremoto.

Ancora più rilevante il fatto che l’emanazione di radon provochi la diminuzione del campo elettrico atmosferico sino al 40% e che ne influenzi l’intensità massima sino a 104 - 105V/m, in modo tale da innescare disturbi ionosferici almeno in potenza in grado di contribuire a diversi tipi di fenomeni.

In conclusione, secondo gli Autori i cambiamenti osservati rientrano nei valori necessari per spiegare i fenomeni EM associati a terremoti di forte intensità.

venerdì 23 novembre 2007

EARTHQUAKE LIGHTS (EQL) E PRECURSORI SISMICI: DIBATTITO SUL MODELLO DI F. FREUND

Friedemann T. Freund è un geofisisco americano che lavora al Dipartimento di fisica della San Jose State University della California e presso il Laborario di geodinamica planetaria del NASA Goddard Space Flight Center.

Si occupa di precursori sismici e di EQL da almeno vent'anni, ma a partire dal 2005, quando insieme alla sismologa canadese France St-Laurent ha presentato una relazione al "4th International Workshop on Seismo Electromagnetics" (IWSE) svoltosi in Giappone, ha assunto un ruolo di primo piano in quest'ambito grazie ad un modello elaborato insieme ad altri studiosi operanti in istituzioni di ricerca di varie parti del mondo.


Quello di Freund è un modello geochimico secondo il quale nelle rocce ignee sottoposte all'accumularsi di tensioni prima della liberazione energetica dei sismi un flusso di correnti elettriche sarebbe indotto dai complessi meccanismi delle lacune elettroniche positive presenti in quel genere di rocce.


Un contributo suo e di altri suoi colleghi sui segnali elettromagnetici pre-sismici nelle gamme ULF, VLF ed ELF inquadrati in quel modello (titolo: "On the Role of P-Hole Charge Carriers in the Generation of Pre-Earthquake Signals") è apparso - insieme agli abstract di altri tre lavori sui precursori e sull'interpretazione delle EQL usciti nel 2006 su Physics and Chemistry of the Earth - nei Proceedings dell'International Project Hessdalen Workshop pubblicati due mesi fa sotto l'egida del Comitato Italiano per il Progetto Hessdalen.


Sul sito dell'IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers) americano sono disponibili contributi di diversi Autori circa il modello per le EQL e i precursori di Freund ed associati. Gli articoli si trovano nella versione telematica di IEEE Spectrum, la rivista dell'organismo in discorso.

Sul numero del dicembre 2005 Freund aveva pubblicato insieme a Tom Bleier "Earthquake Alarm", un articolo che sintetizzava le sue teorie. E' recuperabile (sono quattro pagine) a cominciare dall'url:


http://www.spectrum.ieee.org/dec05/2367


Tom Bleier, co-autore, è il presidente della QuakeFinder, una società californiana che si dedica allo sviluppo di tecnologie previsionali per gli eventi sismici:


http://www.quakefinder.com/

Nel numero di aprile 2006 sono giunte delle reazioni scettiche ad opera di tre colleghi di Freund. Robert J. Geller, Alex I. Braginski e Wallace H. Campbell hanno infatti inviato alla rubrica "Forum" dell'IEEE Spectrum una lettera poi pubblicata sotto il titolo "Noise, not Signals", seguita dalla risposta di Freund e di Bleier. Potete trovare tutto all'url:

http://www.spectrum.ieee.org/apr06/3216

A dire il vero, della lettera dei tre scienziati critici esiste anche una versione più breve ("Earthquake Precursors of Background Noise?"), stavolta accompagnata da una risposta del solo Bleier ("With Respect to Earthquakes"). Questi due interventi si trovano qui:

http://www.spectrum.ieee.org/apr06/3275

Geller è un sismologo americano che lavora all'Università di Tokyo. Interessato al problema dello sviluppo di strumenti previsionali per i sismi è tuttavia fra coloro che dubitano degli stessi fondamenti concettuali della ricerca di essi. Braginski si occupa dello sviluppo e delle applicazioni del magnetometro SQUID, mentre Campbell studia il magnetismo terrestre.

Bleier nella sua replica alle critiche sottlinea che sebbene lo studio dei rapporti fra attività sismica ed emissioni EM sia ancora in una fase infantile, molti dati al riguardo sono stati raccolti dal microsatellite Demeter lanciato il 29 giugno 2004 ad opera del CNES francese. Le sue strumentazioni hanno registrato più di tremila segnali EM associabili a sismi M>5 secondo costanti statistiche significative. Anomalie IR sono state rilevate in 10-20 casi e comparate con il rumore di fondo al fine di identificare le supposte vere anomalie dovute ai sismi.

Su Demeter potete consultare:


http://smsc.cnes.fr/DEMETER/


Infine, su IEEE Spectrum del febbraio 2007 si trova un altro interessante articolo di Alberto Enriquez, ("Early Warning For Earthquakes. Teasing out the physics behind radio anomalies") che fa il punto sulla controversia. Stavolta potete puntare su:


http://www.spectrum.ieee.org/feb07/4886

Enriquez, che era già intervenuto sulle EQL con un breve pezzo in New Scientist n. 1402 del 5 luglio 2003, spiega che l'intervento che F. Freund ha tenuto nel dicembre 2006 al meeting dell'American Geophysical Union svoltosi a San Francisco ha suscitato notevoli consensi. In particolare Nervin Bryant, che è un analista dei satelliti del Jet Propulsion Laboratory ha dichiarato che a suo avviso nella comunità scientifica nessuno come Freund era riuscito finora ad avvicinarsi di più ad una spiegazione razionale della comparsa e della scomparsa rapidissime delle anomalie IR rilevate via satellite.

Bodo P. Reinisch è a capo del team che per conto della NASA si sta occupando del Radio Plasma Imager (RPI), uno speciale radar il cui scopo fondamentale è quello di studiare la magnetosfera terrestre utilizzando le procedure di imaging nella gamma delle RF. Ebbene, Reinisch ha lodato la presentazione di Freund criticando invece in modo netto le teorie che cercano di render conto in modo convenzionale delle perturbazioni ionosferiche legate ai sismi.

Proseguono però anche le critiche a Freund. Nel suo pezzo Enriquez ha citato da ultimo il geofisico Stephen Park, dell'Università della California di Riverside secondo cui la significatività delle anomalie IR rilevate sarebbe solo presunta, perché trascurerebbe gli effetti dovuti alle condizioni meteo e ad alla presenza delle masse oceaniche. Inoltre, Park ha riferito di non aver avuto alcun successo nel tentativo di rilevare variazioni di resistenza nelle rocce della celebre faglia di San Andrea.

martedì 20 novembre 2007

7-12 LUGLIO 2008: ISBL-08 ED ISUP-08 A KALININGRAD (RUSSIA)

Nato nel 1988, l’International Symposium on Ball Lightning, in sigla ISBL, si è subito affermato come il “luogo” in cui scienziati di varie discipline presentano gli ultimi sviluppi della ricerca sui fulmini globulari (BL). Il simposio testimonia lo straordinario sviluppo dell’interesse per questo genere di fenomeni. Il numero di pubblicazioni scientifiche le cui keywords contengono la frase ball lightning mostra da vent’anni a questa parte una ricorrenza assai superiore rispetto al passato.

Da tempi più recenti, in parallelo con gli ISBL, che hanno cadenza solitamente biennale, si tiene anche l’International Symposium on Unconventional Plasmas (ISUP), che ha portato l’attenzione su processi fisici, modelli ed osservazioni di fenomeni potenzialmente ancora più “esotici” rispetto a quelli già presi in considerazione.

E’ stato annunciato che il prossimo ISBL/ISUP si terrà nell’ambito della conferenza internazionale Atmosphere, Ionosphere, Safety (AIS-2008), che avrà luogo a Kaliningrad, città russa sul Baltico, dal 7 al 12 luglio del 2008.

Informazioni preliminari al riguardo all’url:

http://www.geoscan.org/ais2008/

La conferenza si tiene sotto l’egida dell’Università statale Immanuel Kant, dell’Università statale di San Pietroburgo, di vari organismi dell’Accademia delle Scienze russa (Istituto Semenov di fisica-chimica, Istituto Pushkov per il magnetismo terrestre, la ionosfera e la propagazione delle radioonde, Istituto Obukhov di fisica atmosferica, Istituto per i problemi dell’energia della fisica-chimica), nonché dell’Istituto Karpov di fisica-chimica, dell’Università statale Lomonosov di Mosca e dell’agenzia “Geoscan” dell’Università di Mosca per il monitoraggio dei disastri naturali, della terra e di quelle generate dalle tecnologie.

AIS-2008 avrà per tema generale l’analisi della risposta del sistema atmosferico-ionosferico ai processi naturali ed a quelli antropogenici, delle cause e degli effetti di fenomeni geofisici fra loro differenti e la stima dei suoi effetti sui sistemi tecnologici e su quelli antropici.

La conferenza sarà divisa in sezioni. La sezione P riguarderà i fenomeni elettromagnetici ed ottici dell’atmosfera, compresi gli oggetti di plasma a vita lunga.

E’ in questa sezione che si terranno ISBL-08 (il decimo della serie) ed ISUP-08 (il terzo).

I due simposi saranno presieduti dal fisico Vladimir L. Bychkov, che non solo si occupa di fulmini globulari da molti anni ed è titolare di numerose pubblicazioni al riguardo, ma s’interessa anche di vari tipi di Fenomeni luminosi transitori in atmosfera. Un suo saggio, cofirmato insieme ad S. E. Bobkov ed a S. A. Stadnik ed intitolato On one type of luminous object of Hessdalen, agli inizi inserito nei Proceedings dell’ISBL che si tenne nel 1997 in Giappone, è stato ristampato per gentile concessione nei Proceedings dell’International Project Hessdalen Workshop organizzato dal CIPH nel 2006.

L’anno prossimo sarà valutato il possibile rapporto tra i processi generativi dei BL e dei fulmini lineari ed alcuni tipi di disastri. Saranno poi discusse relazioni e problemi concernenti la modellazione teorica e sperimentale degli oggetti di plasma non convenzionali a vita lunga. Infine, si dovrebbe parlare della dinamica e delle interazioni fra nanoplasmi, plasmi di grandi dimensioni e formazioni a vita lunga con sostanze di vario genere – anche biologiche – presenti nell’atmosfera.

Il blog di CIPH-SOSO fornirà le informazioni su ISBL-08 ed ISUP-08 in modo tempestivo.

domenica 18 novembre 2007

TLE (TRANSIENT LUMINOUS EVENTS): UN MODELLO TRIDIMENSIONALE PER "BLUE JETS" E "BLUE STARTERS"

Sul sito della Pennsylvania State University, presso la quale lavorano gli Autori, è disponibile all'url:


un articolo dei geofisici Victor P. Pasko e Jeremy J. George dal titolo Three-dimensional modeling of blue jets and blue starters, pubblicato in origine nel Journal of Geophysical Research, vol. 107, n. A12, 1458 dell'anno 2002 alle pp. da 12-1 a12-17.

Si tratta di uno "stato dell'arte" della ricerca su alcuni TLE, in particolare sui blue jets e sui blue streamers ancor oggi di particolare interesse. Per una definizione fenomenologica di questi due tipi di TLE si rimanda al post pubblicato su questo blog giovedì 8 novembre 2007. Si riprende di seguito in larga misura l'abstract del lavoro.

Dopo aver, fra le altre cose, ricordato come sia stato per una serendipity che il 5 luglio 1989, durante il test di una telecamera a bassa luminosità condotta dall'Osservatorio O'Brien dell'Università del Minnesota, che fu catturata l'immagine di una scarica elettrica "insolita" da cui iniziò la ricerca che poi condusse alla scoperta dei blue jets e dei blue starters, Pasko e George presentano una proposta di modellazione tridimensionale di essi.

La teoria generale è che si tratti di scariche positive a corona che si espandono a partire dalle zone delle scariche guide di fulmini convenzionali quando siano presenti le condizioni in cui campi elettrici di grande estensione, localizzati nei pressi del tetto di nuvole temporalesche, eccedono l'intensità minima di campo necessaria per la propagazione nell'aria delle scariche positive.

Pasko e George hanno elaborato un particolare modello frattale tridimensionale che si basa su un approccio alla modellazione delle scariche a corona di tipo fenomenologico-probabilistico.

I risultati ottenuti indicano che i blue jets ed i blue starters possono formarsi quando in un tempo assai breve (1 s circa) si accumulano cariche temporalesche positive di quantità compresa fra 110 e 150 C circa, distribuite però in un volume di un raggio di circa 3 km vicino ad un tetto di nuvole situato a circa 15 km di quota.

Secondo gli Autori questo modello: 1) simula la propagazione dei canali delle scariche a corona che formano i due tipi di fenomeni come uno sviluppo tridimensionale di alberi frattali nel campo elettrico creati dalle cariche temporalesche; 2) rende conto in maniera coerente degli effetti di campo elettrico dovuti al propagarsi delle scariche.

Il modello darebbe risultati del tutto paragonabili per ciò che riguarda dimensioni trasversali, estensione in altezza e struttura conica dei due fenomeni considerati. I blue starters sarebbero nient'altro che una manifestazione iniziale dei blue jets.

Questo modello è supportato sia da osservazioni spettroscopiche relative alle emissioni nella lunghezza d'onda di 427,8 nm (che è la prima riga negativa dell'N2+) per quanto concerne i blue starters, sia da esperimenti fatti in laboratorio a basse pressioni sulle scariche a corona in aria utilizzando spettrometri ad emissione. Il modello, infine, è risultato accordarsi in modo eccellente con le scoperte allora appena fatte sulla struttura a corona dei blue jets.



venerdì 16 novembre 2007

ANALISI DEL FILMATO DI UN PRESUNTO UAP (FENOMENO AEREO NON IDENTIFICATO) RIPRESO VICINO UN AEREO IN VOLO PRESSO OSAKA (GIAPPONE) IL 23 OTTOBRE 2004

Il NARCAP (National Aviation Reporting Center on Anomalous Phenomena) è una piccola associazione americana il cui direttore di ricerca è Richard F. Haines, uno psicologo che ha lavorato a lungo per la NASA.

Sul sito del gruppo:

http://www.narcap.org/

si spiega che sin dalla sua nascita, avvenuta nel 1999, scopo del NARCAP è di raccogliere dati di alta qualità provenienti dal mondo aeronautico su osservazioni fatte da aeromobili in volo circa luci ed oggetti che non sembrano riconducibili a fenomeni naturali o a corpi artificiali conosciuti. Queste luci e questi oggetti sono raccolti sotto l’etichetta UAP (Unidentified Aerial Phenomena).

Di tanto in tanto, grazie ad Internet il NARCAP rende disponibili i suoi “Technical reports”, studi di grande interesse su vari aspetti del proprio oggetto di ricerca. Uno dei rapporti più recenti – risale all’aprile 2007 - s’intitola Analysis of Digital Video Aerial Event of October 23, 2004 at Osaka, Japan ed è opera dello stesso Haines oltre che di William Puckett. E’ stato distribuito in tre parti a cominciare dall’url:

Lo studio valuta le immagini di un filmato fatto a circa 50 km ESE dell’aeroporto internazionale Itami di Osaka, in Giappone, intorno alle 17.30 locali dal sig. Kiyoshi Amamiya, che ha usato una videocamera digitale Hi-8 a mano. Egli stava riprendendo il passaggio di un aereo commerciale a reazione B777-300 (volo Japan Airlines 1521 proveniente da Tokyo) che stava scendendo presso l’aeroporto, quando nel display della macchina vide comparire una luce piccola ma dall’intensa luminosità giallo-bianco-arancio. Rimase in vista e fu ripresa per tre minuti prima di scomparire movendosi a velocità costante verso la parte superiore sinistra del display stesso.

Secondo gli Autori l’UAP si trovava fra l’aereo e la videocamera, aveva un’intensità luminosa almeno pari alle luci delle estremità alari dell’aereo, aveva dimensioni medie stimate in 2,5 m circa e la sua immagine parve ingrandirsi leggermente nei primi secondi della ripresa. Inoltre, nelle fasi iniziali della ripresa doveva avere una velocità angolare di 1,25 deg/sec. Il fatto che non sia stato possibile osservarne una controparte ottica fa ritenere probabile agli Autori che l’UAP emettesse radiazione IR. Infine, il numero degli UAP ripresi varia nel corso del filmato da uno a tre.
In termini di sicurezza del traffico aereo, gli Autori suppongono che se l’UAP fosse stato visibile otticamente esso avrebbe potuto attivare qualche procedura d’emergenza da parte dei piloti o addirittura una loro risposta disfunzionale.

Il NARCAP conclude che al momento attuale il potenziale UAP rimanga non spiegato in termini convenzionali.

giovedì 15 novembre 2007

15 NOVEMBRE 2007: REGISTRATO EVENTO TLE [SPRITE]



Il nostro Smart Optical Sensors Observatory ha documentato anche stamani alle 04:29:34 UTC un evento sprite.

mercoledì 14 novembre 2007

EUROSPRITE e SPRITE del 9 NOVEMBRE 2007

sul Blog EUROSPRITE viene pubblicato il flash e la foto della osservazione dell'evento SPRITE registrato da SOSO il 9 novembre scorso (vedi post di domenica 11 novembre 2007.

HESSDALEN: MONITORAGGIO REMOTO. RESTART

Ieri 13 novembre è stato riavviato il salvataggio sul server del CIPH-SOSO dei dati della strumentazione in rete. Fermi da alcune settimane per problemi tecnici- ambientali, sono ora in regolare monitoraggio e registrazione il LOW POWER PULSED RADAR ed il ricevitore radio LNVA_24-20



Informazioni sulla strumentazione in Valle

Persistono, al momento, i problemi per il ricevitore ELFO, attivo ormai da oltre sette anni in valle.

Al momento ad Hessdalen la situazione meteo è quella documentata dalla Telecamera Live. La temperatura è di circa -8/-10.

LE “SHINIES”: PRESUNTE EL (EARTH LIGHT) DELL’OREGON SUD-OCCIDENTALE

La IEA (International Earthlight Alliance) è uno dei pochissimi gruppi al mondo che ha per scopo lo studio di uno dei fenomeni di cui si occupa anche il CIPH. La IEA è diretta dalla biologa e geofisica Marsha Hancock Adams, un cui saggio è apparso quest’anno nei Proceedings dell’International Project Hessdalen Workshop, tenutosi al Visitor Center del Radiotelescopio di Medicina (Bologna) il 17 giugno 2006.
Il sito del gruppo di Adams è raggiungibile qui:

http://www.earthlights.org/

Pochi mesi fa, all’url:

http://www.earthlights.org/pdf/Shinies.pdf

è stato pubblicato un rapporto di nove pagine in formato pdf, intitolato Grave Creek “shinies”, firmato da un certo Ron Wilder e datato luglio 2007.
In esso Wilder, che è un ex-dirigente di ricerca di una ditta di software descrive i suoi avvistamenti e gli accertamenti condotti su una presunta EL che si manifesterebbe in una zona dell’Oregon sud-occidentale all’incrocio tra il corso inferiore del fiume Rogue con l’altura del Whiskey Creek, poco a nord della cittadina di Galice. La località precisa si chiama Grave Creek Bridge. Potete vederla puntando Google Earth sulle coordinate 42° 38’ 55.56” N, 123° 35’ 05.93” W.
Wilder avrebbe dapprima appreso del manifestarsi di presunte, piccole sfere luminose che lui chiama Shinies (“bagliori”) da un conoscente che le avrebbe viste vicino al suolo insieme con un amico (anche dentro una tenda) Poi avrebbe fatto due avvistamenti diretti nel periodo nell’estate 2003, mentre un suo compagno gli ha descritto un curioso effetto fisiologico da lui constatato nell’aprile 2004.

Primo avvistamento: tramonto di una sera del luglio o agosto del 2003, in località Whiskey Creek. Wilder osserva una sfera del diametro di circa 8 cm, auto-luminosa, fluttuare a circa 30-60 cm da terra, simile ad una perfetta bolla di sapone. Si sposta ad una velocità di circa 30cm/s, segue un sentiero e poi raggiunge un albero. Sale fino alla cima e rimane immobile, poi sparisce.

Secondo avvistamento: la seconda sera della stessa spedizione, nella vicina località di Rainie Falls, Wilder, svegliatosi di notte, poco dopo le 4 osserva due luci che ammiccano sopra una capanna di legno a meno di 20 m da lui. Si trovano a circa 60 cm sopra la costruzione e si muovono verso il fiume, distante non più di 20 m. Si avvicinano al corso d’acqua come “saltellando” e continuando ad ammiccare tenendosi ad un’altezza dal suolo fra i 2 ed i 3,5 m, separate fra loro di circa 60 cm. Si fermano sopra una roccia posta nell’acqua. Poi Wilder scorge un altro gruppo di luci più distanti, lungo un costone del monte. Fluttuano ad altezza costante e spariscono dietro un gruppo di alberi per ricomparire poco dopo. Intanto la prima coppia di shinies è sparita e lo stesso farà l’altro gruppo.

Effetto fisiologico: Nell’aprile del 2004, a Whiskey Creek, mentre Wilder dorme nel suo sacco a pelo, intorno alle 01.10 un amico che è con lui avverte la sensazione di avere il corpo attraversato da fortissima una corrente elettrica. Trema tutto per parecchi secondi e pensa di stare per morire fulminato, ma non subisce alcun danno. Non vedono nulla, ma il testimone si trovava a dormire esattamente in un punto posto lungo il percorso seguito dalla luce vista da Wilder nella prima occasione.

In seguito Marsha Adams ha rivolto a Wilder, per conto dell’IEA, diverse domande destinate a chiarire le caratteristiche delle EL avvistate. Il testimone non è stato in grado di dire molto del colore perché affetto da un certo grado di daltonismo, ma ha parlato a lungo della perfetta forma sferica del fenomeno del primo avvistamento e del fatto che appariva trasparente, anche se non ricorda di aver visto i dettagli del panorama attraverso di esse.
Nel secondo caso invece le due luci sopra la capanna gli ricordarono i fari posteriori di un’auto, giallastre come lampadine al tungsteno che non irradino tutta la loro potenza luminosa per via della batteria semi-esaurita. Il gruppo più numeroso appariva invece bianchissimo.
Per quanto interessante, quella descritta è comunque solo un’evidenza testimoniale ottenuta in modo casuale, senza alcun disegno di ricerca esplicitato, in mancanza di tecniche precise o di strumentazioni. La sua importanza, almeno per ora, è assai relativa.

martedì 13 novembre 2007

ARGOMENTI PER QUESTO BLOG

L'inserimento nel BLOG di info come quelle riportate, dal sottoscritto, domenica 4 novembre 2007 "COSMOS 1606 registrato", ha solamente lo scopo di illustrare sempre al meglio le funzionalità del nostro strumento [SOSO]. E' evidente che l'osservazione di passaggi di satelliti artificiali non è una nostra attività primaria, a meno che non vi siano anomalie di una qualche rilevanza. Altro discorso potrebbe essere quello di un rientro satellitare quando alla osservazione visiva fanno riscontro fenomeni per noi di un certo interesse nel campo ottico e in quello radio (ELF e VLF).
Nel caso del COSMOS 1606 d'interessante per le performance di SOSO sono la magnitudine che in linea teorica era stimata nelle effemeridi di 4.4: piuttosto vicina alla M(video) limite della configurazione attuale di SOSO

lunedì 12 novembre 2007

SETTEMBRE 2007. UN FENOMENO LUMINOSO TRANSITORIO IN ATMOSFERA DOCUMENTATO AD HESSDALEN


Copyright Sciencenter.no Bjørn Gitle Hauge (bjorn.g.hauge@hiof.no)


Nel settembre scorso, organizzato da Bjørn Gitle Hauge, facoltà di Ingegneria, Østfold College, si è svolto l'annuale ScienceCamp.
E' una idea molto orignale e ben organizzata per far fronte ad un problema presente anche in Italia: la riduzione delle iscrizioni alle facoltà scientifiche universitarie.
I norvegesi operano sui ragazzi delle scuole superiori interessandoli alle discipline scientifiche con campi di studio dove non manca certamente l'elemento "indagare il mistero" come richiamo allo spirito esplorativo dei giovani. Da leggere a questo riguardo i lavori di Erling Strand, "Using an 'unknown mystery' as a case for teaching students Information/Communication Technologies (ICT)", e dello stesso Hauge, ambedue impegnati nel Progetto Hessdalen. Nel lavoro di Hauge viene ampiamente trattata una osservazione di un Fenomeno Luminoso in Atmosfera (FLA) avvenuto durante uno degli ultimi campi, "Optical Spectrum Analysis of the Hessdalen Phenomenon. Preliminary Report June 2007", pubblicati sul sito web del CIPH
Il campo quest'anno si è svolto in settembre e nello stesso periodo di presenza in valle di Stelio Montebugnoli e Jader Monari alle prese con una manutenzione straordinario degli strumenti (ELFO, Radar e LNVA_24-20), in una missione CIPH. Giovedì 20 settembre sera le attività osservative sono iniziate 21:30 e alle 21:58, dalla postazione di monte Rogne in direzione del monte Finnsåhøgda, a ovest-sud-ovest e' stato documentato fotograficamente e con filtro spettrografico, un evento FLA. L'immagine, con esposizione di 30 secondi, è ora all'esame dei ricercatori norvegesi.

STUDIO DELLE FOTO DI UN PRESUNTO UAP (FENOMENO AEREO NON IDENTIFICATO) EXTRA-ATMOSFERICO RIPRESO DALL’ASTRONAVE SKYLAB 3 IL 20 SETTEMBRE 1973

L'11 novembre 2007 il fisico ottico statunitense Bruce Maccabee ha pubblicato qui, insieme allo studioso Brad Sparks:

un lavoro intitolato Analysis of the Photos of an Unidentified Object Observed by the Astronauts of Skylab 3.

In esso si descrivono le circostanze dell’avvistamento ottico di un presunto “satellite rosso” fatto il 20 settembre del 1973, tra le 16.35 e le 16.45 GMT, dai tre membri dell’equipaggio, gli astronauti Alan Bean, Owen Garriott e Jack Lousma e della serie di quattro immagini fotografiche a colori da loro scattate che lo ritraggono e che furono fatte con una delle macchine Nikon da 35mm disponibili a bordo.

Nelle conclusioni dello studio, Maccabee e Sparks sostengono che il fenomeno si trovava molto lontano dall’astronave e che esso fu seguito otticamente per circa 10’, ossia per un percorso orbitale pari a circa 4.600 km.

Sulla base dei dati disponibili, gli Autori ritengono che in quel momento non vi fossero satelliti artificiali in grado di render conto dell’avvistamento e delle foto, spingendosi ad affermare che il fenomeno doveva avere una natura “realmente anomala”.

Ringrazio Edoardo Russo per la segnalazione della pubblicazione.

PRECURSORI SISMICI LUMINOSI SULLA LUNA?

Nell'ambito del Workshop di Sorrento: "9th ILEWG International Conference on Exploration and Utilisation of the Moon" (ICEUM9/ILC2007) Cristiano Fidani, studioso esperto di precursori sismici, ha presentato una ipotesi di lavoro che riguarda i Transient Lunar Phenomena pensati come l'analogo di fenomeni presismici terrestri, nei terremoti:

Fidani, C. (INFN Perugia), "TLP Versus Moonquakes to Understand Earthquake Associated Phenomena", 24 ottobre 2007.

Questo studio può avere collegamenti con l'argomento di nostro interesse (Fenomeni Luminosi in Atmosfera) e più specificamente le ricerche in Hessdalen.

domenica 11 novembre 2007

9 NOVEMBRE 2007: REGISTRATO EVENTO TLE [SPRITE]

Il 9 novembre 2007 lo Smart Optical Sensors Observatory ha catturato l'immagine di uno SPRITE generatosi nella finestra utile di osservazione di SOSO alle ore 21:25 (ora locale).
L'immagine allegata è quella relativa all'allarme generato automaticamente
Nei prossimi post eventuali approfondimenti.

giovedì 8 novembre 2007

TLE (TRANSIENT LUMINOUS EVENTS): IL QUADRO DELLA SITUAZIONE


Un'interessante sintesi dei progressi fatti nello studio dei TLE (Transient Luminous Events) dell'alta atmosfera, alcuni dei quali documentati anche da SOSO, è stata pubblicata qualche tempo fa sul sito geology.about.com da Andrew Alden, un geologo non professionista statunitense all'url:
Ecco il quadro che ne emerge:
a) I blue jets sono coni luminosi d'intensità debole che cominciano intorno ai 15 km di quota e s'innalzano sino a 45 km circa, simili ad un rapido sbuffo di fumo. Sono piuttosto rari e talvolta sono associati a temporali di forte intensità che si formano nelle nubi sottostanti. La difficoltà dello studio da terra dei blue jets è dovuta sia alle quote relativamente basse alle quali si manifestano rispetto agli ormai più noti sprites, sia al fatto che la luce blu si propaga di meno nell'aria rispetto a quella rossa. Inoltre, le videocamere ad alta velocità non sono particolarmente sensibili al blu. La soluzione ideale consisterebbe nello studiarli dagli aerei, con ovvie conseguenze sui costi e sulla fattibilità. Tutto ciò rallenta i progressi nella ricerca su questo specifico fenomeno.
b) I blue starters sono lampi e punti luminosi che si formano a bassa quota e che non completano la loro evoluzione in blue jets. A quanto pare sono stati avvistati la prima volta nel 1994. L'anno dopo ne è iniziata la descrizione in letteratura. Potrebbero essere legati alle stesse condizioni che generano i blue jets.
c) Gli elves sono dei dischi di luce di debole intensità dalla vita media brevissima che appaiono intorno ai 100 km di quota. Emettono nella gamma VLF. In qualche occasione sono associati al manifestarsi degli sprites. Si noti che la loro esistenza era stata prevista prima che fossero osservati per la prima volta, nel 1994. Il loro nome (Elfi, in italiano) in realtà è la sigla di Emissions of Light and VLF from EMP Sources (Emissioni di luce e VLF da perturbazione elettromagnetica).
d) Gli sprite haloes sono dischi di luce - un po' come gli elves - ma situati a quote più basse (intorno agli 85 km), di dimensioni minori di quelli ed in movimento verso il basso (sino a 70 km di altezza). Hanno una vita media di un ms circa e sono seguiti da sprites che paiono sorgere dal loro disco. Si pensa possa trattarsi di uno stadio iniziale della formazione degli sprites.
e) I trolls, sigla di Transient Red Optical Luminous Lineament (Strutture lineari luminose transitorie ottiche rosse) si presentano dopo alcuni sprites di particolare intensità, più esattamente nei "riccioli" inferiori di essi, vicino al soffitto delle nubi. Le prime riprese filmate facevano pensare a delle macchie rosse dotate di deboli code dello stesso colore che sorgevano come i blue jets. Tuttavia, filmati più recenti con macchine ad alta velocità hanno fatto capire che si tratta di una serie di eventi che si succede in modo assai rapido. I trolls cominciano infatti con un bagliore rosso che si crea alla periferia di uno sprite per poi "colare" verso altezze inferiori. Gli eventi successivi, però, prendono avvio più in alto, in modo tale che nelle riprese più lente il risultato faceva pensare ad una macchia che tende ad innalzarsi. Andrew Alden ha fatto notare che si tratta di una costante della ricerca scientifica: guardare alle cose vecchie con nuovi strumenti rivela sempre qualcosa di nuovo ed inatteso.
f) Gli gnomes devono il nome al fatto che si tratta di picchi di luce molto piccoli, bianchi e brevissimi che puntano verso l'alto a partire dalla cima di grandi nubi temporalesche ad incudine, in particolare dalle "cupole" dovute al fatto che l'aria umida si solleva leggermente sopra le "incudini". Sembranno essere lunghi non più di 150 m ed essere alti circa 1 km. Durano appena qualche microsecondo.
g) I pixies sono ancora più piccoli degli gnomes, tanto da apparire come dei punti. Dovrebbero avere un’ampiezza di non più di 100 m. Nel primo video che li documentò apparivano come dei punti sparpagliati a caso sopra le “cupole” delle nubi ad incudine. Sia i pixies sia gli gnomes sono di un colore bianchissimo simile a quello dei lampi lineari, ma non si accompagnano ad essi.
h) I blue jets giganti sono stati definiti “un ibrido fra gli sprites ed i blue jets”, perché la parte superiore ricorda i primi, quella inferiore i secondi. Sotto il profilo ottico di estendono dalla bassa atmosfera sino allo strato E della ionosfera, ossia fino a 100 km. Hanno una vita luminosa compresa tra i 200 ed i 400 ms, dunque molto di più di uno sprite “normale”.

Gli ultimi arrivati fra i TLE: TIGER, sprite thunder e TLE “accoppiati”

Nel dicembre 2004, presso l’American Geophysical Union si svolse una riunione volta a sistemare conoscenze, relazioni ed immagini relative ai TLE, ma in particolare a nuovi tipi di fenomeni.
In quella riunione furono studiate le immagini raccolte nel 2004 dal satellite taiwanese ROCSAT-2, che fra i suoi compiti aveva proprio quello di seguire e riprendere alcuni TLE. Tra l’altro, il sistema ISUAL (Imager of Sprites and Upper Atmosphere Lightning) ha ripreso molti sprite haloes, ossia i fenomeni “precursori” degli sprites. Fu anche presentata una relazione sulla campagna condotta da un team europeo nell’estate del 2003 dalle cime dei Pirenei in coordinamento con una stazione per lo studio degli infrasuoni situata nel nord della Francia. Questa campagna ha documentato per la prima volta in modo conclusivo l’esistenza di segnali subsonici prodotti dai TLE, che sono stati denominati sprite thunder. Il fatto importante è che, come logico, le emissioni continuano dopo l’alba, ossia dopo che il sorgere del Sole rende non piùrilevabile la componente ottica degli sprites. Gli sprite thunder sono dunque un passo avanti di grande rilievo per lo studio dei TLE oltre la componente ottica. La scoperta è stata poi descritta in un articolo uscito il 14 gennaio 2005 nelle “Geophyiscal Research Letters”.

C’è di più. La ricerca europea del 2003 aveva rivolto la sua attenzione anche ai TLE “accoppiati”, che si suppone possano verificarsi quando gli elettroni accelerati da sprites ed elves viaggiano lungo le linee del campo geomagnetico sino all’altro lato dell’equatore, generando eventi luminosi che dovrebbero rivelarsi simili a delle aurore polari. Dato che il corrispondente geomagnetico per l’Europa centrale è rappresentato dal Sudafrica, furono predisposti dei sensori anche in quel Paese. In sostanza, il fascio elettronico creatosi sui cieli dell’Europa dovrebbe produrre dei lampi rossastri simili a degli sprites ed altri disturbi assai particolari sui cieli del Sudafrica. Tuttavia, almeno per ora questo fenomeno previsto non è stato osservato.

Tuttavia, è stato proprio in questo modo che un gruppo di scienziati israeliani che pensavano di trovare un’evidenza per i TLE accoppiati nelle registrazioni di vari sprites che l’equipaggio dello shuttle Columbia aveva fatto nel corso di una missione del gennaio 2003 ha scoperto un altro tipo di eventi.
Si trattava del programma di studio MEIDEX (Mediterranean Israeli Dust Experiment). Dopo aver classificato senza grandi difficoltà numerosissimi sprites, i suoi membri si concentrarono su un solo lampo anomalo che era apparso sui cieli del Madagascar il 20 gennaio del 2003. Dopo aver escluso che potesse trattarsi di un TLE accoppiato, il gruppo ha concluso che doveva trattarsi di un nuovo fenomeno. Così, il 20 gennaio 2005, sempre nelle “Geophyiscal Research Letters” è stato pubblicato il primo articolo che documentava un nuovo genere di TLE, denominato TIGER, che sta per Transient Ionospheric Glow Emission in Red, cioè Bagliori transitori ionosferici con emissione nel rosso.
Nell’articolo di Alden si può vedere pure la foto “storica” ripresa nell’infrarosso sul Madagascar il 20 gennaio 2003.

martedì 6 novembre 2007

“CHHIR BATTI”: EARTH LIGHT (EL) RICORRENTE DI UNA PALUDE DEL NORD-OVEST DELL'INDIA

Il 27 agosto 2007 il quotidiano indiano “Ahmedabad Online” ha dato notizia, con un articolo postato all’url:
non più disponibile ma il cui testo è recuperabile all’url:
di un fenomeno EL che sarebbe osservato “da tempo immemorabile” o perlomeno “da secoli” nelle paludi di Banni, che si formano nella stagione delle piogge all’interno del deserto del Rann of Kutch, una zona di circa 30.000 km quadrati nello stato indiano del Gujarat, nell’India nord-occidentale.
Una cartina approssimativa della zona dei fenomeni è scaricabile all’url:
http://www.cedobirding.com/kutchmapnew_net_1_.jpg

La EL possiede anche un nome nella lingua parlata nella zona, che è il Kutchi-Sindhi. Essa è denominata Chhir Batti, parole che significano rispettivamente “fantasma” e “luce”.
Il fenomeno sarebbe osservabile tutte le sere.

Un naturalista che dirige il “Centre for Desert and Ocean”, che si trova nel villaggio di Moti-Virani, il dott. Jugal Kishor Tiwari, che ha lavorato pure per la “Seawater Foundation” statunitense, l’ha vista diverse volte a partire dal 1990 e l’ha descritta con caratteri del tutto tipici.
Essa avrebbe l’apparenza di una lampadina al mercurio ed a volte cambierebbe colore in blu ed in rosso. Sarebbe simile ad una “palla di fuoco, che talora si ferma ed altre si sposta veloce come una freccia”.
La EL sarebbe osservabile dopo le 20 locali nelle sere più buie e si sposterebbe sempre ad un’altezza dal suolo compresa fra i 60 cm ed i 2,40-3,00 m.
Ripetendo un’idea tipica dei racconti su EL ed IF, Tiwari ha dichiarato che il fenomeno sarebbe innocuo, ma che seguendola si correrebbe il rischio di perdersi nella giungla. Essa giocherebbe infatti come a nascondino con le persone, avvicinandosi ed allontanandosi a bella posta.
Sempre secondo Tiwari il fenomeno si presenterebbe anche in forma multipla. Il 5 novembre 2005, ad esempio, lui e la sua squadra di collaboratori l’avrebbero localizzata in sette punti diversi in contemporanea. Avrebbero interessato al fenomeno anche un celebre ornitologo statunitense, William Clark, che però non sarebbe stato in grado di fornire alcuna spiegazione.

Una biografia del dott. Tiwari, titolare di numerose pubblicazioni scientifiche, è reperibile insieme ai suoi recapiti all’url: